Un ricordo di Erminio Borlenghi (1938-2020)

Il 21 novembre scorso è scomparso Erminio Borlenghi (1938), insigne maestro dell’Università degli Studi di Torino. Riceviamo dal suo allievo Alberto Vanolo, e volentieri pubblichiamo, un ricordo che ne ricostruisce molto efficacemente il profilo di studioso, di docente, e i principali apporti che hanno lasciato un segno importante specialmente per la comprensione della transizione alla società post-industriale. L’Associazione dei Geografi Italiani è grata a Borlenghi per il ruolo di componente del Comitato Direttivo da Lui ricoperto nella III consiliatura
(1984-87).  

Erminio Borlenghi (1938-2020)

Il professor Borlenghi è stato il relatore della mia tesi di laurea, nel 1999. Non conoscevo molto di lui a quel tempo, ma qualcosa nella sua persona mi aveva affascinato, al di là della materia che insegnava (Geografia dell’ambiente). Erminio era innanzitutto elegante e sofisticato. Sempre vestito in maniera impeccabile, ricordo con affetto i suoi maglioni a collo alto, la borsa di pelle, lo studio ordinato con le tazze per il tè, i quadri, la pipa e i suoi tabacchi dal profumo leggero. Non ostentava mai conoscenze ed esperienze, parlava con parsimonia della sua vita privata al di fuori dell’accademia, ma di tanto in tanto condivideva memorie di viaggi in luoghi remoti del pianeta, la passione per movimenti artistici di inizio Novecento, le conoscenze di cinema, vini, musica jazz o altro ancora. Parlava sempre in maniera calma e non l’ho mai visto, nemmeno una volta, alzare la voce o arrabbiarsi. E devo anche dire che non l’ho mai visto preoccupato o agitato per il lavoro o altre cose della quotidianità: viveva e trasmetteva calma.

Provenivo da studi di economia piuttosto tecnici e un poco aridi dal punto di vista umanistico. L’incontro con la geografia mi aveva aperto un mondo. Erminio aderiva molto bene al mio immaginario, sicuramente ingenuo e stereotipato, del ‘classico’ professore universitario colto e affascinate; sapeva disquisire di tutto, aveva un ufficio pieno di libri e opere d’arte e sembrava vivere quel ruolo accademico con molta leggerezza. Erminio entrava e usciva dal suo ufficio dandomi l’impressione di essere perfettamente a proprio agio. Era come se si trovasse sempre a casa sua, sempre appropriato, sicuro di sé, rilassato e superiore alle pressioni e alle aspettative che il lavoro inevitabilmente comporta. 

Era un uomo di bell’aspetto e immagino lo sia stato ancor di più nel passato. Nato nel 1938, aveva studiato nella Facoltà di Scienze Politiche di Torino e si era laureato, agli inizi degli anni Sessanta, con una tesi in Geografia politica ed economica con Dino Gribaudi. La sua carriera era stata lineare e aveva seguito i passaggi di un mondo accademico che non esiste ormai più: assistente ordinario prima, professore incaricato subito dopo e, infine, professore ordinario presso la Facoltà di Economia e Commercio di Torino.

Nel corso degli anni si è occupato di variati temi e ha studiato molto ma, anche per quanto riguarda le pubblicazioni, Erminio non pareva sentire le pressioni di un mondo che oggi ci chiede di scrivere tanto e sempre di più, fino a originare una sorta di bulimia che avverto sulla mia pelle. Ha scritto e curato alcuni bei volumi, tutti lavori ben costruiti, significativi, di lettura fluida e piacevole, considerati con rispetto da colleghi vicini e lontani. I suoi primi lavori sono di tipo idiografico, come nella tradizione delle scienze regionali; si possono citare il suo contributo nel volume Studi geografici su Torino e Piemonte (Laboratorio di Geografia Economica Gribaudi, 1965), il volume Trieste. Profilo geografico-economico (Arti Grafiche Conti, 1967) o ancora il lavoro sull’industria nel volume Il Pinerolese (Arti Grafiche Conti, 1971). Sono tuttavia i lavori intorno ai temi della geografia industriale a costituire il cuore dalla sua produzione, a partire da Ristrutturazione produttiva e processi di riorganizzazione spaziale (Laboratorio di Geografia Economica Gribaudi, 1979), La rilocalizzazione dell’industria nell’area torinese (Franco Angeli, 1982), Terziario superiore e innovazione industriale nella trasformazione della città (atti del XXIII Congresso Geografico Italiano, 1983), fino a ricerche e riflessioni sull’innovazione tecnologica (nei volumi curati da B. Cori, Innovazione tecnologica e organizzazione del territorio, Franco Angeli, 1985; A. Del Monte et al, Sviluppo regionale e attività innovative: esperienze a confronto, Franco Angeli, 1993; L’Italia del 2000: la FIAT a Melfi e il futuro del Mezzogiorno, Formez, 1995). Alcuni suoi lavori hanno contribuito ai dibattiti della geografia urbana con lo studio delle relazioni fra servizi urbani, forma della città e posizionamento nelle reti gerarchiche nazionali. Un lavoro significativo in questo senso è il volume, da lui curato, Città e industria verso gli anni Novanta (Fondazione Agnelli, 1990) (1). Ma negli ultimi anni i suoi interessi geografici stavano esplorando temi anche molto lontani dalla geografia economica, come il paesaggio e la land art.

Alcuni dei miei amici di oggi sono ex compagni di università che, seppur molto distanti dalla geografia, conservano memoria del professor Borlenghi. Ne hanno tutti un ricordo piacevole: hanno amato il suo modo di fare, il suo stile e quello che ha voluto offrirci come insegnante. E non sono l’unico professore di geografia di Torino che ha scelto questa carriera dopo una laurea con lui. Non credo che il saluto a un collega debba risolversi in alcun modo in una valutazione dei suoi traguardi, ma penso questi siano risultati invidiabili.

Alberto Vanolo

Università di Torino

(1) Il volume è disponibile online: http://www.byterfly.eu/islandora/object/librib:286401#page/4/mode/2up