E’ morta Maria Clotilde Giuliani Balestrino

E’ venuta a mancare Maria Clotilde Giuliani Balestrino. Stringendoci alla famiglia, condividiamo il vivido e affettuoso ricordo che ne ha tracciato il collega Guido Lucarno. 

“All’età di 89 anni, Maria Clotilde Giuliani Balestrino ci ha lasciato, una mattina di luglio, passeggiando sulla spiaggia della sua amata Romagna, dove soleva trascorrere le estati nella sua casa avita, ricca di oggetti e di ricordi riportati dai suoi innumerevoli viaggi per il mondo.

Volendo proporre in estrema sintesi l’esperienza scientifica della grande Geografa, non si può che evidenziare come il suo sguardo e il suo approccio non prescindevano mai da una conoscenza precisa e perfino puntigliosa della materia di studio, frutto della sua curiosità illimitata che la sospingeva, oltre alla ricerca e all’applicazione sui testi, a svolgere personalmente indagini sul campo, per quanto lontani potessero apparire gli orizzonti dei suoi interessi. Ogni anno intraprendeva un grande viaggio, senza trascurare le mete più avventurose e inusitate del globo, quelle non toccate dai turisti frettolosi e superficiali, preferendo piuttosto quelle da cui fosse possibile trarre un insegnamento sulle vicende umane che nel corso della storia avevano lasciato impresse sul paesaggio le tracce ingegnose delle civiltà: mete non prive di rischi e itinerari percorsi anche con mezzi di fortuna e con pochi supporti logistici, come Afghanistan, Sudafrica, Cina, Singapore, Via della Seta, Paesi islamici del Medio oriente, Cile e Argentina, Stati Uniti…

Thomas Cook, fondatore nell’Ottocento della prima agenzia di viaggio, affermava che un vero globetrotter non poteva definirsi tale se non avesse visitato Timbuctù, Samarcanda e Haparanda, ma per una viaggiatrice del mondo come la professoressa Giuliani si sarebbe trattato di limiti ancora troppo angusti. Ritornava dai suoi viaggi con le emozioni ancora vive di una esperienza umana unica ed irripetibile, fissate ancora a caldo in fitti appunti scritti a mano che restituivano tutta la freschezza e l’immediatezza delle percezioni, delle osservazioni e degli incontri appena realizzati, in un periodare sempre elegante, misurato ma coinvolgente. Non passava neppure un mese e queste pagine manoscritte si trasformavano in vere e proprie monografie dove si privilegiava, accanto alla trattazione morfologica delle regioni e dei rapporti tra territorio e presenza umana, lo studio della popolazione, delle civiltà e delle opere intelligenti dell’uomo, instancabile scultore dei paesaggi.

Poco disposta ad accettare imposizioni o compromessi, non ammetteva che essi potessero inficiare la serietà del suo lavoro. Quando, ad esempio, tornò dallo Zimbabwe con la raccomandazione della nostra ambasciata di non riportare alcuni dettagli di ciò che aveva visto per non creare incidenti diplomatici con l’improponibile e autocratico governo locale, il suo resoconto di viaggio non trascurò invece nessuno dei discutibili aspetti socio-politici di quel Paese. Fu colpita dall’ignavia e dall’incapacità di assumere responsabilità che tenessero conto degli interessi di una intera nazione, affidati talvolta a persone incapaci, bramose di ricchezze e di potere, e da come l’insieme di questi fattori fosse alla base delle sventure di un intero popolo.

Nelle sue ricerche testimoniava solo ciò che aveva visto e descriveva un mondo non edulcorato, affascinante ma anche sfregiato dagli errori dell’uomo. Un interesse particolare si concentrò sulle vicende dei popoli, soprattutto di quelli originati dalle migrazioni. In particolare nelle Americhe, ma più in generale in tutti gli altri Paesi visitati, rivolgeva la sua attenzione alle comunità di origine italiana, riscoprendo in quale modo esse avessero lasciato la loro feconda impronta sul territorio e avessero contribuito alla grandezza delle loro nazioni di adozione. Non trascurava neppure le singole vicende personali, desunte da racconti diretti dei protagonisti o dei loro discendenti, stabilitisi in quei territori in seguito a precisi progetti migratori o piuttosto a vicende belliche, come nel caso dei soldati italiani prigionieri in Sudafrica, ivi stabilitisi per sempre con le loro famiglie al termine della Seconda guerra mondiale.

Il percorso accademico nell’Università di Genova, dove si formò negli anni ‘50 e prese avvio la sua carriera di ricercatrice e di docente di Geografia, riflette il suo modo di intendere l’amore per la materia. Fu particolarmente attratta dalla ricerca geografica regionale e caratterizzò la didattica con la trasmissione agli studenti delle osservazioni desunte dalle esperienze di viaggio, indispensabili per capire le vicende del mondo contemporaneo. Instancabile organizzatrice, ogni anno prevedeva, all’interno del suo corso, un viaggio di studio in Italia o all’estero, sempre accolto con entusiasmo dagli studenti, desiderosi di vivere con lei un’esperienza unica perché arricchita da uno sguardo attento agli aspetti più reconditi della presenza umana nei territori visitati. In Italia privilegiò soprattutto le regioni e le aree interne, meno interessate dal turismo tradizionale, con percorsi che prevedessero anche incontri con imprenditori e amministratori locali, al fine di trasmettere ai giovani l’essenza e lo spirito di popolazioni ai margini della nazione, ma pur sempre testimoni di una storia plurimillenaria.

Ci lascia, dopo oltre un cinquantennio di attività accademica conclusasi quasi alla soglia dei 76 anni di età, un repertorio di ben oltre 250 pubblicazioni, il più delle volte monografie ed ampie relazioni di viaggio, un indice molto corposo di cui lei stessa sembrava aver perso il conto, tanto da meravigliarsi talvolta di ritrovare tra le proprie carte le tracce di ricerche che non ricordava di avere conservato.

Negli ultimi 15 anni aveva diradato la sua produzione scientifica, ma non aveva smesso di viaggiare, visitando ancora mete impervie e lontane, come i monasteri buddisti himalayani a oltre 3000 m di quota, raggiunti a dorso di cavallo. Tuttavia, negli ultimi mesi si era lasciata intrigare da una richiesta di collaborazione con una rivista geografica italiana, per la quale aveva scritto la sua ultima fatica: una approfondita testimonianza sull’imprenditoria artigianale ancora presente nel centro storico della sua amata Genova, articolo che comparirà postumo nei prossimi mesi e dal quale traspaiono immutati lo stile della ricerca, il rigore dell’indagine scientifica, la freschezza della narrazione, l’amore per la scoperta e per il rapporto umano con gli interlocutori delle sue interviste. Affascina sempre l’entusiasmo descrittivo e la ricerca del particolare in un racconto che avvolge il lettore e lo invita a considerare aspetti di cui nessuno aveva mai rilevato traccia, focalizzando l’attenzione su una civiltà imprenditoriale secolare, destinata oggi ad una graduale ed inarrestabile estinzione.

Ci lascia in tal modo il suo patrimonio di conoscenze, mai finora adeguatamente valorizzato, e l’insegnamento a riflettere come la memoria, anche di vicende personali, possa, attraverso la parola scritta, diventare fonte di straordinaria ricchezza per quelli che verranno dopo di noi. Lascia infine l’invito rivolto alle giovani generazioni a considerare la possibilità di viaggiare come un privilegio, da valorizzare con l’occhio attento e lo spirito critico di chi, oltre a vedere, vuole comprendere il mondo.”

 

I funerali della Professoressa Giuliani Balestrino si terranno mercoledì 24, alle 11:45 nella chiesa di Santa Marta, posta nelle immediate vicinanze della sua abitazione in via Roma 10, a Genova